martedì 8 gennaio 2013

Nel giardino dei fantasmi

Io i Tre Allegri Ragazzi Morti li avevo sentiti dal vivo, conoscendo solo poche canzoni ascoltate per caso e distrattamente da You Tube, circa un anno e mezzo fa, in occasione della Festa del PD a Lodi dell'estate 2011.
E mi erano piaciuti, molto, pur presentandosi con uno stile musicale un po' differente da quello dei pezzi che conoscevo: non particolarmente rock o punk-rock, ma con suoni quasi più esotici, particolari, derivati dalla "svolta" del loro lavoro più recente, "Primitivi del Futuro", che nel suonare i vecchi cavalli di battaglia si fondeva comunque con un mood rockeggiante dal risultato decisamente interessante. Ricordo che saltai come se non ci fosse un domani in quel concerto, e mi divertii, e come mi riprometto sempre dopo un concerto di una band che non conosco, ero pronto a recuperarmi i lavori passati del gruppo. Poi, per varie ragioni, tra impegni e cose varie mi persi via e non approfondii mai i lavori dei TARM. Non ho nemmeno recuperato i fumetti di Davide Toffolo, frontman del gruppo e acclamato fumettista, per quanto ne fossi attratto.
Poi capita che poche settimane fa i Tre Allegri Ragazzi Morti pubblicano un nuovo disco, "Nel Giardino dei Fantasmi", e io senza pensarci troppo negli scorsi giorni me lo recupero e lo ascolto.
Paura.
In un colpo solo mi svesto della patina da "poser-rock" che apprezza i bei testi profondi e impegnati solo se accompagnati da una robusta batteria e dalla chitarra elettrica, e mi faccio condurre per mano da Toffolo in questo giardino inquietante, malinconico, riflessivo, che guarda benevolo e triste verso il passato e spaventato e arrabbiato verso il futuro. Un giardino in cui ogni traccia di parla di qualcuno, qualcosa, qualche sentimento... ogni pezzo dice qualcosa di importante e lo fa con uno stile assolutamente particolare, che fonde funky con raggae e venature rock che vanno a formare una musica molto originale e piacevole.

I fantasmi che i le canzoni (testi + musica) ti lasciano dentro difficilmente se ne vanno via, spesso restano appiccicati dentro fin dal primo ascolto e te li porti dietro nel subconscio tutta la notte, per poi alzarti al mattino e ritrovarti a canticchiarli in bagno.
Esorcizzare una perdita, una vita stroncata nell'adolescenza, storie di ordinaria crudeltà, suggestioni di dolce tristezza... queste e tante altre sono le sensazioni che il disco trasmette, una stoccata inaspettata che dimostra quanto la band abbia da dire sul piano umano e artistico, e che il plauso di pubblico e critica (perlomeno undeground) con cui è stato accolto questo nuovo lavoro sia pienamente meritato.
Chi conosce la mia passione per i Velvet sa che sono tra i maggiori sostenitori del fatto che il maggiore atto di coraggio di una band è quello di cambiare genere sull'onda del proprio sentire e sentore. I TARM l'hanno fatto, e da 2 dischi sono premiati per la loro onestà intellettuale e le loro limpide qualità artistiche e di cantastorie.

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